domenica 15 maggio 2011

•Recensione: HARPER LEE - Il buio oltre la siepe (To Kill a Mockingbird)


Quella de Il buio oltre la siepe è una storia di margini. I margini sono un confine labile, fumoso, liminale, decisamente strano. Per viverci devi rinunciare alla possibilità di difenderti, devi accantonare la tua dignità e permettere agli altri di vederti come piace a loro.
Per alcune persone è conveniente vivere una vita marginale e difficile accettare che quel posto, ovattato di pregiudizi, possa essere ricoperto da qualche altra persona. Per altri ancora, invece, i margini non sono una scelta: sono il luogo in cui sono nati e in cui saranno costretti a crescere e invecchiare, rinchiusi dal costume e incatenati dall'odio, dall'intolleranza, dalla povertà. 

Anche Jean Louise "Scout" Finch è costretta a sguazzare nei margini. Ha solo sette anni, ma è una ragazzina spericolata, un "maschiaccio" che odia la scuola e che preferirebbe di gran lunga rimboccarsi i pantaloni di tela e lasciarsi dondolare dentro un vecchio pneumatico, piuttosto che mettersi il vestitino di taffetà e comportarsi da brava bambina. Eppure Scout è un'eroina, attiva, perspicace; non è la principessa chiusa nel castello da salvare, ma è una bambina piena di energia, che ama contestare, fare domande irriverenti, dire parolacce e prendere a pugni i coetanei troppo scortesi. Caratteristiche che possono tornare utili quando vivi in un'insignificante paesino di provincia del Sud degli Stati Uniti, soprattutto se la tua "madre letteraria" vuole esorcizzare il suo passato con un libro.

Infatti nelle fattezze insolenti di Scout è facile intravedere la personalità di Harper Lee, nata a e cresciuta negli anni '30 a Monroeville una piccola cittadina dell'Alabama che, all'epoca della sua infanzia, discuteva ancora se accettare oppure no l'energia elettrica.
Bambina sgraziata e sottostimata, anche Harper Lee sperimentò la vita dei margini, non riuscendo mai a integrarsi completamente a scuola. A otto anni prese sotto la sua ala protettiva un vicino di casa, un piccolo bambino rachitico e effeminato, che, nel corso degli anni, si sarebbe rivelato l'enfant prodige della letteratura d'oltreoceano: Truman Capote. Negli anni '30, però, Harper e Truman erano ancora due bambini strani e brutti, agli estremi della società e del piccolo mondo scolastico. 

Come la sua eroina Scout, Harper, nonostante l'amore per la lettura, amava la vita campestre, giocava a football e non esitava a malmenare chiunque osasse ledere l'onore di Truman, spesso insultato e tartassato. Ma soprattutto, come Scout, era figlia di un integerrimo avvocato di provincia, Amasa "A.C." Lee, e sapeva che il suo destino sarebbe stato quello di intraprendere la carriera di magistrato, laureandosi in Giurisprudenza, per ripagare il padre dei molti anni di immutabile affetto e attenzione, affiancato solo da una madre deformata dalla malattia mentale.

Intraprendente e pronta al sacrificio, la giovane Harper andò all'Università, ma, anche in questo caso, si ritrovò esclusa: un disastro di ragazza allampanata, ancora una volta ai margini rispetto alla società di brave signorine tutte casa, chiesa e matrimonio.
L'amore per il padre non poteva nascondere la cruda verità: Harper detestava gli studi di Legge.
Così, per una volta nella sua vita, decise di cambiare strada, abbandonando studi, affetti e patria e trasferendosi a New York, armata del sogno di diventare scrittrice. Tutto era iniziato da quella macchina da scrivere, regalo del padre, attraverso cui, negli anni dell'infanzia, lei e Truman amavano crogiolare a fuoco lento e infilzare allo spiedo la plebaglia di Monroeville; ma neppure a Manhattan, città brulicante di vita, rinchiusa in un appartamento senza acqua calda e con uno stipendio da fame, Harper Lee riuscì a sfondare nell'editoria, fino a quando, nel Natale del 1956, un compositore e una ballerina le regalarono un assegno accompagnato da un bigliettino "Un anno senza lavoro per scrivere tutto quello che vuoi. Buon Natale."

Da quel dono del destino e dall'affetto degli amici più cari nacque Il buio oltre la siepe -To kill a Mockingbird-, ma non fu cosa da poco. Infatti nelle interviste successive alla pubblicazione del libro, Harper Lee parlò di  come questo lavoro fu per lei una specie di tortura, frutto di un periodo "disperato" in cui riscrisse il romanzo per ben tre volte. Ma quel lontano anno di lavoro, per quanto estenuante, fu ben ripagato: Il buio oltre la siepe vinse il Pulitzer nel 1960

Facile da leggere, ma non da digerire, questo romanzo aiuta il lettore a rivivere passo a passo la vita di Harper Lee, ripercorrendo le strade di Monroeville, portando alla luce ciò che di peggio la vita può offrire. 
Come i luoghi della sua città natale, in cui la Lee mosse i primi passi, così anche la fittizia Maycomb da lei descritta, è una cittadina dall'apparenza comatosa, ma fremente e ribollente sotto la patina di odioso perbenismo. 
Popolata da cristiani devoti, patrioti difensori dell'Alabama e "gente dabbene", Maycomb è un il tipico paesino degli anni '30, dove i bianchi tollerano e perfino incoraggiano la segregazione razziale; bianchi e neri si mescolano perfettamente in un'intricata rete di rapporti servo-padrone, in una realtà di quartierini idilliaci e ghetti costruiti vicino a discariche, fra campi di cotone e chiese protestanti. A Maycomb le donne di colore crescono e accudiscono i bambini bianchi con amore e pazienza, mentre le donne bianche si riuniscono in circoli di pettegolezzo, aggiornandosi reciprocamente sulle mediocrità quotidiane; a Maycomb i "negri" lavorano e sostengono l'economia agricola dei loro padroni, ma nel contempo sono considerati unicamente un'immonda nota a piè pagina nella recente storia di una cittadina patriottica. 

E' in questo ambiente che si muove l'eroina Scout Finch, nata e cresciuta in un vivaio di pregiudizi che portano lei e il fratello Jem a vivere nel costante terrore del "buio oltre la siepe", del diverso, dell'ignoto, del "malsano", nel libro incarnato nella figura dello spiritello maligno di Boo Radley, il mito del quartiere, il fantasma che ogni notte spia le "donne dabbene" dalle finestre e si nutre di gatti e scoiattoli vivi.
Ma Scout e Jem, come già accennato, non sono bambini come tanti e soprattutto sono figli di Atticus Finch, un avvocato di paese la cui ossessione per la libertà, la tolleranza e la verità, finiranno per sconvolgere la calma sonnolenta di Maycomb durante un'estate particolarmente turbolenta. 

Nel corso del romanzo la piccola Scout, scaricando spesso i suoi annosi dubbi sulle spalle di Atticus, porterà il lettore a confrontarsi con il terrificante mondo degli adulti, grondante sangue, visto però attraverso gli occhi innocenti di una bambina. Lei, Jem e il vicino di casa Dill -modellato a immagine e somiglianza di Capote- si troveranno improvvisamente ad assistere a situazioni di cui i bambini non dovrebbero mai essere testimoni: la denigrazione pubblica della dignità umana e professionale del proprio padre, il suo scontro con una marmaglia di bruti travestiti da giustizieri e un processo fondato su una realtà di incesto, stupro e razzismo.

L'incontro fra i bambini e il mondo degli adulti procede sgomento e affannoso e produce domande difficili, spesso sottoposte alla pazienza di un padre, un uomo già costretto a portare sulle spalle il peso di una causa senza speranza, un processo con inevitabili ripercussioni sull'etica e sulla morale. Atticus, infatti, è stato incaricato di difendere un "negro", uno schiavo, un omuncolo accusato ingiustamente dello stupro di una donna bianca. 

Il ritratto di Atticus che fatica a rispondere alle terrificanti domande dei figli, che sentono il proprio padre tacciato come "negrofilo" e "traditore", rappresenta un omaggio compassionevole di Harper al proprio padre, anch'esso alle prese continuamente con le domande più innocenti e feroci dell'infanzia su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, anche nell'occasione della sfortunata difesa di due uomini di colore accusati di omicidio. La sentenza si rivelerà una condanna e A.C., distrutto dal fallimento, si rifiuterà per il resto della sua vita di occuparsi di casi criminali. 
Eppure è sbagliato confondere Atticus con A.C. : alla figura di un uomo perseguitato dai propri demoni si contrappone il proprio alter ego letterario, una bussola vivente, instillante principi morali e fonte di amorevole protezione. Atticus è il genitore che ogni bambino vorrebbe, il ritratto della sicurezza paterna e l'incarnazione dell'amore per i suoi figli. 

Sarà proprio grazie ad Atticus, infatti, che Scout vacillerà nei suoi pregiudizi di bambina e osserverà il mondo con mente più aperta e si dimostrerà una vera eroina nella propria capacità di ricredersi. Boo Radley è un assassino, un mostro raccapricciante... ma allora perché lascia piccoli doni ai bambini? Come può Mrs Dubose, vecchia terrificante e irascibile, essere una persona umana, più coraggiosa di chiunque altro, nell'affrontare a viso aperto una terribile dipendenza? Come può un "negro", accusato di stupro e fonte principale della rovina del proprio adorato padre, essere veramente innocente?

Atticus, vinceremo la causa?” 
No, tesoro.” 
Ma allora, perché…” 
Non è una buona ragione non cercare di vincere per il semplice fatto che si è battuti in partenza” 

Grazie ad Atticus e alla sua esperienza, Scout riuscirà a guardare il mondo da un altro punto di vista, iniziando a fidarsi delle azioni altrui e a osservare il diverso con compassione, credendo alle persone e non al mito che le circondano. E così Scout, forte della propria nuova consapevolezza, si dimostrerà coraggiosa e guarderà con più attenzione le persone e le tradizioni da sempre date per scontate. Atticus non sarà più l'uomo da cui tenersi alla larga, il padre degenerato, il rivoltante sovversivo, Mrs Dubose non incarnerà più il terrore di ogni bambino e Boo Radley non farà più paura. E la sorpresa che la riprovevole busta di carta di Dolphus Raymond non nasconde altro se non Coca-Cola, sarà uno dei magistrali colpi di scena di Harper Lee che, pagina dopo pagina, si divertirà a buttare all'aria tutti i pregiudizi della propria eroina.

Protetta da un libro dalla letteratura talmente potente da tenersi in piedi con le proprie pagine, Harper Lee, dopo il successo, si ritirerà a vita appartata come altri celebri scrittori -in primis Salinger e McCullers- mandando avanti, sul fronte dell'opinione pubblica, l'imbattibile Scout al suo posto.
Questa straordinaria figura letteraria, infatti, ci insegna meglio di qualunque maestro come vivere nella passività, accettando le cose per quello che sembrano, possa mantenere un qualcosa di simile alla pace, ma che alla fine sgretola e disintegra vita e coscienza. Sacrificando la compassione e l'agire eroicamente al giudizio più confortante, ognuno di noi lascia che le persone più rozze e deformi, i vari Ewell e le varie Stephanie Crawford, abbiano il sopravvento e che un uomo innocente muoia per il colore della sua pelle.
Harper Lee, come Scout, Jem e Atticus, aveva un debole per i margini e i sussurri dei suoi oscuri abitanti, che costituiscono la vera forza del suo unico romanzo, che si eleva sopra il vociare degli ipocriti e dei prepotenti. Il cuore di Harper, nonostante le delusioni della vita, è rimasto sempre legato a doppio filo con il suo passato provinciale, sempre accanto a coloro che avevano impresso sulla pelle il marchio di insignificante o abietto, coloro che "più di altri hanno bisogno della nostra bontà, proprio perché sembrano meritarla di meno".

"[...] Questo di Tom Robinson è un caso che tocca direttamente il vivo della coscienza di un uomo. Scout, io non potrei andare in chiesa a pregare Dio se non tentassi di aiutare quell'uomo.
"Atticus, forse tu ti sbagli...
"Come sarebbe a dire?
"Tutta la gente pensa di avere ragione e che tu abbia torto...
"Hanno il diritto di pensarlo e hanno il diritto di far rispettare la loro opinione", disse Atticus, "ma prima di vivere con gli altri, bisogna che viva con me stesso: la coscienza è l'unica cosa che non debba conformarsi al volere della maggioranza."
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Nelle immagini:
1) Harper Lee e Mary Badham as Scout Finch
2) Harper Lee
3) Gregory Peck as Atticus Finch e Brock Peters as Tom Robinson
4) Gregory Peck as Atticus Finch e Mary Badham as Scout Finch
5) Gregory Peck as Atticus Finch e Mary Badham as Scout Finch
6) Phillip Alford as Jem Finch e Mary Badham as Scout Finch

martedì 10 maggio 2011

•"Letteralmente"... innamorati!


Sembra banale, nel 2011, parlare ancora di Amore
Migliaia di libri, canzoni, opere d'arte ne portano l'effige ai massimi livelli, milioni di anonime lettere sono state scritte e ricevute, un'infinità di pellicole per piccolo e grande schermo ne dipingono ogni possibile sfumatura. L'Amore ci circonda, ci appartiene, fa parte della nostra vita quotidiana: basta camminare per strada per incontrare una coppietta di amanti abbracciati o accendere la radio per sentire qualche struggente o palpitante canzonetta che narra di Amori persi, ritrovati e poi annientati. 
Quindi l'idea di scrivere un post sull'Amore, oggi, su questo blog, per mano di nessuno, può sembrare quantomeno insignificante, se non ridicola.
Ma se non fosse tutto così ovvio? E se l'Amore, invece che la banalità, rappresentasse l'argomento più ampio, difficile e urgente da discutere in quest'epoca dove ogni nostro valore sembra essere andato in fumo?

Fin da piccola ero affascinata dalle storie d'Amore, inculcate nella mia piccola testolina innocente dai lungometraggi Disney; avevo le mie coppie preferite e non mi stancavo mai di mandare avanti e indietro il registratore per poter vedere i momenti salienti della storia, per ammirare lo scoccare di quella magica scintilla che trasforma due persone, più o meno comuni, in amanti
Diventando grande sono stata in grado di ampliare le mie conoscenze sul tema, raggiungendo la consapevolezza che, ahimè, di lieto fini benedetti dal Fato non ne esistono ancora molti. E allora ho imparato a conoscere tutte le sfumature di questo straordinario sentimento, passando dall'Amore più puro e ancestrale a quello più abietto e crudele, attraversando le lande dell'Amor carnale, incestuoso e di convenienza e  dell'Amor proibito, tragico e passionale. 
Ma, seppur abbia toccato con mano il "lato oscuro della luna", l'irresistibile fascino per questo sentimento non mi ha mai abbandonato. Così mi è sembrato naturale dopo aver letto Paul et Virginie, uno dei più candidi e accorati inni all'Amore atavico e incontaminato mai stati scritti, dedicare un post al Sentimento per eccellenza o, per meglio dire, alle coppie che "letteralmente" hanno marchiato a fuoco le coscienze di tutto il mondo e fatto palpitare i cuori, almeno una volta, di ognuno di noi. Quelle di questi amanti sono storie celeberrime, ma spesso dimenticate e io, nel mio piccolo, ho voluto rendere loro omaggio. Perché per capire l'Amore e noi stessi bisogna partire da qui, dalle grandi Storie dei grandi Autori, immensi e immortali Maestri di vita.
Ho cercato di scegliere le 13 coppie più rappresentative, attingendo ai classici di tutti tempi. Sicuramente avrò dimenticato qualcosa di fondamentale e importante, ma nulla vieta di ritrovarci a parlare di Amore letterario in una seconda parte!

Quindi, bando alle mie ciance, apro le danze con un brano, uno degli infiniti stralci letterari che descrive il turbamento e l'esaltazione di un'anima innamorata, ma con una grazia, una consapevolezza e un'emozione che sembrano non appartenere a questo mondo.

«O Amore! Le arti belle sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli animi generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle più tarde generazioni, spronandole con le voci e co' pensieri spirati dal cielo ad altissime imprese: tu raccendi ne' nostri petti la sola virtù utile a' mortali, la Pietà, per cui sorride talvolta il labbro dell'infelice condannato ai sospiri: e per te rivive sempre il piacere fecondatore degli esseri, senza del quale tutto sarebbe caos e morte.
Se tu fuggissi, la Terra diventerebbe ingrata; gli animali, nemici fra loro; il Sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione universale. Adesso che l'anima mia risplende di un tuo raggio, io dimentico le mie sventure; io rido delle minacce della fortuna, e rinunzio alle lusinghe dell'avvenire.»
Ultime lettere di Jacopo Ortis - Ugo Foscolo

Amore & Psiche
Lui: Eros, Cupido, semplicemente il Dio dell'Amore, signore della Passione e del Desiderio
Lei: Psiche, ovvero "Anima", fanciulla mortale di straordinaria bellezza che, in mancanza di marito, diventa l'attrazione di tutti i popoli vicini che le offrono sacrifici chiamandola Venere. E' dunque naturale che la dea della Bellezza, gelosa per il nome usurpatole, invii il proprio figlio, Amore, per coprire la sua rivale di vergogna, facendola innamorare dell'uomo più orribile e meschino della Terra.

Il mito di Eros e Psiche, narrato da Apuleio ne Le Metamorfosi, è forse una delle più antiche e struggenti storie di passione, all'origine di ogni Amore che si rispetti. Lui, l'Amore stesso incarnato in un Dio, finisce per innamorarsi della straordinaria Psiche e, con l'aiuto di Zefiro, all'insaputa della divina madre, riesce a portare la fanciulla nel suo palazzo e consumare con lei notti di bruciante passione; l'idillio deve però svolgersi ad una sola condizione: gli incontri devono avvenire nel buio più totale.
Psiche legata da un sentimento travolgente e da un Amore che a nessun comune mortale è dato conoscere, nella bramosia di conoscere il volto del suo amante, commette il più fatale errore e viene condannata all'infelicità più totale. Straziata dal dolore, raminga per le città di tutta la Grecia, viene sottoposta da Venere a quattro logoranti e terribili prove, che Psiche riuscirà e superare con l'aiuto del Fato e soprattutto di Giove, il padre dell'intero Olimpo, che, mosso a compassione dall'indescrivibile Amore dei due amanti, rende Psiche una dea e le permette di sposare Eros. Dalla loro unione nascerà poco più tardi una figlia, che verrà chiamata Voluttà, ovvero Piacere.

Orfeo & Euridice
Lui: figlio del Re di Tracia Eagro e della Musa Calliope fu il più famoso musicista dell'antichità. Apollo stesso, dio delle arti e della musica, gli donò la lira e le Muse gli insegnarono a suonarla. Il suo talento era tale da ammansire le belve feroci e da incantare perfino alberi e sassi.
Lei: una Ninfa, per la precisione una Driade, divinità dei boschi incarnante la forza e il rigoglio vegetativo. Le Driadi venivano solitamente raffigurate come giovani e bellissime donne, con la parte inferiore della persona terminante in un arabesco che ricordava il tronco di un albero.

Euridice si innamora e sposa Orfeo, ma, ahimè, l'idillio dei due amanti è destinato a durare ben poco. Un giorno nei pressi di Tempe, Euridice incontra Aristeo, figlio di Apollo e della Ninfa Cirene, che tenta di abusare di lei; la ragazza, cercando di fuggire, calpesta un serpente che la morde provocandone la repentina morte. 
Straziato dal dolore, il coraggioso Orfeo decide di scendere nell'Oltretomba con la speranza di ricondurre la propria amata sulla Terra. Con il suo straordinario talento di musicista riesce a incantare Caronte, il traghettatore di anime, Cerbero e i tre giudici dei morti, arrivando perfino ad addolcire il glaciale cuore di Ade, tanto da convincerlo a restituirgli Euridice; la condizione imposta dal dio dei morti, tuttavia, non lascia scampo: durante l'ascesa dal Tartaro Orfeo sarebbe stato seguito dall'anima della sua sposa, ma non si sarebbe mai dovuto voltare indietro per guardarla o per parlarle, finché Euridice non avesse raggiunto la luce del Sole. Per tutto il viaggio la ragazza segue il suono della lira di Orfeo, ma appena l'eroe intravede una luce si volta per assicurarsi che l'amata sia con lui ed è così che la perde per sempre.

Ulisse & Penelope
Lui: Ulisse o Odisseo, originario di Itaca, è uno degli eroi Achei descritti e narrati da Omero ne l'Iliade e l'Odissea. E' per antonomasia l'uomo affascinato dall'ignoto. Ingegnoso e astuto, Ulisse ha la peculiarità di non gettarsi mai a capofitto nelle battaglie e nelle imprese che il Fato gli impone sul cammino, ma non riesce a resistere al fascino della conoscenza che lo porta a sfidare più volte la volontà divina. La sua figura non solo è legata ai miti pagani della Grecia antica, ma viene ripresa anche da Dante nella Commedia e da Pascoli, che ne descriveranno la morte, entrambi per naufragio. 
Lei: figlia di Icario e di Policaste, moglie di Ulisse e madre di Telemaco è sicuramente una delle più celebri figure femminili della mitologia greca. Prende il nome dal mito riguardante la sua infanzia: ancora in fasce viene gettata dal padre in mare, ma viene salvata da alcune anatre che, tenendola a galla, la riconducono sulla spiaggia. Riaccolta dai genitori dopo l'evento, le verrà dato il nome di Penelope che, appunto, significa "anatra".

Aldilà delle celeberrime imprese che vedono come protagonista Ulisse, narrate mirabilmente da Omero nell'Odissea, è interessante osservare l'aspetto dell'Amore che lega questi due protagonisti e che, velatamente, costituisce il motore di tutte le vicende. Certamente la prova di affetto maggiore è dimostrata da Penelope che per vent'anni attende ad Itaca il marito, disperso fra mille tentazioni e peripezie. Penelope rimane fedele alla memoria del suo sposo, rifiutando di scegliere uno dei Proci pretendenti la sua mano, con il celeberrimo stratagemma della tela: di giorno l'eroina tesseva il sudario per Laerte, padre di Ulisse, e di notte lo disfaceva, rimandando all'infinito il termine delle scelta, in base alla quale al termine del lavoro avrebbe dovuto scegliere un nuovo marito. Penelope all'interno dell'Odissea rappresenta l'ideale di donna omerico, modello di comportamento per qualsiasi fanciulla innamorata. Ella è infatti bellezza, regalità, pudore e astuzia, il perfetto alter ego dell'eroico marito.

Tristano & Isotta
Lui: cresciuto dallo zio Re Marco, il quale è sottoposto a pagare un gravoso tributo al Re d'Irlanda, una volta diventato un giovane guerriero, decide di liberare la Cornovaglia da tale sottomissione. Riesce a uccidere il gigante Moroldo, fratello del Re, ma viene ferito da una spada avvelenata che rischia di ucciderlo.
Lei: figlia del Re d'Irlanda, cura Tristano, non sapendo che ha ucciso lo zio, dopodiché lo lascia partire per la Cornovaglia. Diventa il sogno d'Amore di Re Marco che, trovando un suo capello d'oro portato dal mare da un uccello, chiede a Tristano di ritrovarla e portarla con sè. 

La vicenda travagliata e comandata dal Fato, porterà Tristano a combattere contro un drago e a rimanere ferito, per essere poi curato di nuovo dalla bella Isotta che, riconoscendolo come l'assassino di suo zio, però rinuncerà alla vendetta, acconsentendo di sposare Re Marco per portare la pace fra i due regni.
 Si imbarca con Tristano, ma per errore i due protagonisti si ritrovano a bere un filtro magico che li porterà ad innamorarsi perdutamente l'uno dell'altra. Isotta sposerà comunque Re Marco, ma al matrimonio seguiranno mesi di incontri clandestini, di trucchi e menzogne, che porteranno i due amanti sull'orlo del baratro, a rischio di essere scoperti, ingannati da baroni invidiosi e nani malvagi. 
Alla fine smascherati e condannati a morte, fuggono nella foresta del Morrois, dove tuttavia non sopportano la vita allo stato selvaggio e decidono di ritornare. Isotta la Bionda verrà restituita al legittimo marito, mentre Tristano sposerà Isotta dalle Bianche Mani, con la quale però non consumerà mai il matrimonio.
L'epilogo delle vicende culmina con la morte dei due amanti; Tristano, ferito gravemente, capisce che solo la sua antica amante può guarirlo e la manda a chiamare, chiedendo che siano messe vele bianche alla nave con cui verrà, se ella accetterà, oppure vele nere qualora rifiutasse. La moglie, folle di gelosia, mente al marito riferendo di aver visto vele nere e Tristano, credendosi abbandonato dal suo unico vero grande amore si lascia morire; Isotta, giunta al capezzale dell'amato troppo tardi, muore di dolore a sua volta. 
I due amanti verranno seppelliti vicini in Cornovaglia e le piante che cresceranno sulle loro tombe, rispettivamente nocciolo e caprifoglio, si intrecceranno così saldamente che nessuno, per l'eternità, sarà in grado di separarle.

Amleto & Ophelia
Lui: e' il principe di Danimarca. Tornato in patria al termine dei suoi studi, scopre che suo zio Claudio ha sposato la madre Gertrude ed ora è Re. Sconcertato per la perdita del padre e disturbato per il matrimonio incestuoso di sua madre, Amleto inizia a provare odio verso il mondo intero e verso le donne. Le vicende prendono una svolta inaspettata quando il fantasma del Re appare ad Amleto, rivelandogli di essere stato ucciso avvelenato dal fratello assetato di potere e chiede al figlio di vendicarlo. Amleto accoglie senza indugio la richiesta.
Lei: figlia del consigliere di corte del Re di Danimarca Polonio e sorella di Laerte, è una giovane ragazza aristocratica ma non appartiene alla stirpe reale. La possibilità di risiedere nel castello di Elsinore le è permessa solo a causa della carica ricoperta dal padre.

Il ruolo di Ophelia è quello di vittima degli eventi; inizialmente corteggiata da Amleto con numerose lettere d'Amore, Ophelia presta fede alle dichiarazioni del principe, ma viene messa in guardia dal padre Polonio sulla sincerità del suo sentimento. Il corso degli eventi cambierà infatti Amleto che, temendo di essere ucciso dallo zio, decide di fingersi pazzo; il suo comportamento diviene improvvisamente insensato, a tratti euforico e appresso malinconico e i suoi discorsi, un tempo pieni di spirito e di ingegno, risultano ora oscuri e sconnessi.
Ophelia all'oscuro dei progetti di Amleto attribuisce il comportamento incostante dell'amante alla follia, il quale tuttavia continuerà ad alimentare le speranze della fanciulla manifestandole i suoi sentimenti.
Per errore Amleto arriverà ad uccidere Polonio e questo porterà Ophelia stessa alla follia. Diviene a sua volta svagata e assente e prende a cantilenare canzoni d'amore e di morte, pronunciando frasi senza alcun senso, che alludono al tradimento d'Amore subito e alla perdita del padre che ormai giace sottoterra. 
Un giorno, durante uno dei suoi vagabondaggi, la fanciulla giungerà nei pressi di un torrente sul quale si specchia un salice piangente; con le margherite e ranuncoli raccolti per i prati le viene l'idea di adornare i rami dell'albero, ma nel tentativo di arrampicarsi cade nel ruscello, tenendo ancora in grembo le ghirlande di fiori. Le ampie vesti rigonfie la tengono a galla per qualche minuto, ma insensibile a quanto le sta accadendo, Ophelia continua a cantilenare vecchie canzoni, fino a quando i suoi abiti appesantiti dall'acqua la trascinano sul fondo fangoso del torrente, spegnendo per sempre il suo melodioso canto.

Giulietta Capuleti & Romeo Montecchi
Lui: erede della famiglia Montecchi di Verona, all'inizio dell'Opera shakespeariana che lo vede protagonista soffre per un amore non corrisposto, quello di Rosalina. Per tirarlo su di morale il cugino Benvolio e l'amico Mercuzio lo portano, sotto mentite spoglie, ad una festa dove incontrerà e si innamorerà perdutamente di Giulietta.
Lei: promessa sposa di Paride, un giovane nobile, è l'unica figlia quattordicenne del capostipite dei Capuleti, da generazioni famiglia rivale dei Montecchi. Tuttavia Giulietta non penserà due volte ad innamorarsi della persona che più avrebbe dovuto odiare, ossia Romeo, il legittimo erede dei propri nemici.

Al momento del loro incontro i due ragazzi si scambiano solamente un lungo e intenso sguardo e poche parole, ma tutto ciò è sufficiente a farli innamorare. Rischiando la vita, Romeo si intrattiene nel giardino dei Capuleti dopo la festa e dichiara il proprio amore a Giulietta affacciata al balcone della propria camera, promettendole di sposarla in segreto, cerimonia che effettivamente verrà celebrata dal francescano Frate Lorenzo, confessore personale della fanciulla. 
La situazione precipiterà quando Tebaldo, giovane Capuleti di temperamento iracondo e cugino di Giulietta, sfiderà Romeo a duello, che si rifiuterà di combattere contro di lui, provocando tuttavia l'accidentale morte di Mercuzio. Romeo in preda all'ira più furiosa uccide Tebaldo e scappa in esilio. Prima di andarsene per sempre da Verona, Romeo riesce a passare la sua prima e ultima notte d'amore con l'amata Giulietta, per poi fuggire al mattino al canto dell'allodola. 
Giulietta, che dovrebbe sposare Paride, grazie all'aiuto di Frate Lorenzo, esperto in pozioni e erbe medicamentose, decide di inscenare una morte apparente, chiamando nel frattempo Romeo perché la venga a riprendere, per poi fuggire insieme. Il Fato però, ancora una volta, gioca uno scherzo crudele: Romeo venuto accidentalmente a sapere della morte dell'amata, folle di dolore ritorna a Verona in gran segreto, penetra nella cripta dei Capuleti e decide di ricongiungersi per l'eternità a Giulietta avvelenandosi con dell'arsenico. Quando Giulietta si risveglia, rendendosi conto della tragedia, decide di porre anch'ella fine ai suoi giorni, trafiggendosi spontaneamente il cuore con il pugnale di Romeo.

Lancillotto & Ginevra
Lui: è uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Nella maggior parte dei romanzi francesi viene presentato come il cavaliere più valoroso e fidato di Re Artù. Nell'immaginario moderno corrisponde allo stereotipo del guerriero perfetto, valoroso e carismatico, condannato però dall'amore catastrofico per la "belle dame sans merci" Ginevra.
Lei: è la leggendaria consorte di Re Artù. Fanciulla di straordinaria bellezza, viene descritta dai lineamenti leggeri, i capelli scuri e gli occhi verdi, capace sia di affascinare Re Artù che il suo guerriero più valoroso, Lancillotto. L'amore fra quest'ultimo e la soave Ginevra è stato assurto a simbolo dell'amor cortese medievale.

Le versioni in prosa della celebre opera di Chretien de Troyes, narrano di come Lancillotto, in una delle sue numerose imprese, salvi Ginevra prigioniera nel castello di Meleagant. La passione fra i due scoppia prorompente, ma il valoroso cavaliere viene di nuovo sedotto dalla figlia del Re Pescatore e con lei concepisce Galahad, il leggendario vincitore del Graal. La furiosa gelosia di Ginevra lo rende folle e lo costringe all'esilio, dove prende parte, invano, alla ricerca del Santo Graal, riuscendo solo a intravederlo.
La sua relazione con Ginevra verrà poi successivamente scoperta da Artù e, sorpreso insieme alla regina, Lancillotto fuggirà di nuovo, mentre Ginevra verrà condannata al rogo. Per impedire la morte della sua amata, Lancillotto ritorna e attacca Artù in un'epica battaglia in cui moriranno molti Cavalieri della Tavola Rotonda. L'epilogo delle vicende vede Lancillotto eremita e in odore di santità, sopravvissuto alla morte di Artù, di Ginevra e alla distruzione della Tavola Rotonda.

Paolo & Francesca
Lui: Paolo Malatesta, detto Il Bello, futuro capostipite dei Malatesta di Giaggiolo. Secondo la tradizione Paolo viene ritratto come una figura romantica e sognatrice, poco incline alle questioni di potere, ma piuttosto ai piaceri della vita e alla cultura. Recenti indagini hanno invece svelato una natura giovane, attenta alla politica e ai giochi di potere del tempo.
Lei: Francesca, figlia di Guido da Polenta, signore di Rimini. Quand'ella aveva solo 15-16 anni fu data in sposa dal padre a Gianciotto Malatesta, fratello maggiore di Paolo, un matrimonio celebrato non per Amore, ma per suggellare un'alleanza fra le due potenti famiglie romagnole.

Gianciotto Malatesta era anziano, zoppo, rozzo, quanto di più lontano potesse affascinare una fanciulla nobile di fine '200. 
Tuttavia per guadagnare l'approvazione della giovane Francesca al matrimonio, la tradizione imponeva che questo avvenisse per procura; fu così che come procuratore fu scelto Paolo "Il Bello", del quale Francesca si invaghì immediatamente per un banale malinteso, credendo in realtà che fosse lui il vero sposo.
L'epilogo delle vicende amorose non è storicamente provato, ma viene tramandato alla storia dalla Commedia di Dante Alighieri, all'epoca delle vicende appena ventenne. Dante inserisce infatti Paolo e Francesca nel primo cerchio dei peccatori infernali, quello dei lussuriosi, corrispondente al Canto V dell'Inferno, momento in cui il poeta si trova a superare la prima tentazione, con grande sforzo e con straziante partecipazione emotiva, che lo porta a perdere i sensi al termine del canto. 
L'Amore di Paolo e Francesca, infatti, secondo quanto narrato dalla poesia dantesca, condusse i due amanti ad una terribile morte. Sorpresi a scambiarsi un "bacio tremante" nel mezzo della lettura di un romanzo cortese, narrante, guarda caso, la passione fra Lancillotto e Ginevra, Gianciotto uccide entrambi per sua mano, trafiggendoli con la spada. Da allora le anime dei due amanti sono condannate alla pena dei lussuriosi e degli adulteri, che li porta ad affrontare uniti la tempesta infernale che li trascina nella violenza del loro sentimento, per l'eternità.

Dante Alighieri & Beatrice Portinari
Lui: non ha bisogno di presentazioni. Il Sommo Poeta, il padre della lingua italiana, l'autore della Commedia conosciuta con ai più con l'aggettivo di "Divina", universalmente considerata la più grande opera italiana e uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale.
Lei: Beatrice Portinari, detta Bice, identificata dalla tradizione come la donna amata follemente da Dante. Documenti certi sulla sua vita sono, tutt'ora, molto scarsi. Fra le più attendibili fonti viene annoverata la Vita Nuova di Dante Alighieri, opera in cui il poeta descrive l'idillio celestiale fra lui e la sua amata.
Figlia di un banchiere fiorentino e sposa appena adolescente di Simone, detto Mone, è senza dubbio la prima donna a lasciare una traccia indelebile nella nascente letteratura italiana; sarà poi seguita dalla ugualmente celebre Laura de Noves, amata dal Petrarca, e dalla Fiammetta di Boccaccio.

Ne la Vita Nuova, Dante narra di incontrare Beatrice per la prima volta a nove anni, numero rappresentante il miracolo, e da qui inizierà la "tirannia d'Amore" che l'immagine della sua amata gli imporrà per il resto della sua vita. Rivedrà poi la fanciulla esattamente nove anni dopo, all'età di diciott'anni e in seguitò sognerà la morte della stessa, protagonista di una visione in cui il Dio Amore la sorreggerà fra le braccia e ne mangerà il cuore. 
Per non compromettere l'onore di Beatrice, già sposata, Dante, nelle successive occasioni di incontro, fingerà di corteggiare altre donne, indicategli da Amore stesso come dello "schermo". La ragazza, venuta tuttavia a conoscenza delle "noie" arrecate dal poeta al sesso femminile, sdegnata decide di togliergli il suo saluto salvifico. 
Prima che Dante trovi il coraggio di svelarle i propri sentimenti, Beatrice muore giovanissima, dando avvio a uno dei periodi di massima disperazione del poeta, generante in lui una profonda crisi spirituale e il morboso avvicinamento ad un'altra "donna gentile", la Filosofia. Tuttavia la stessa Beatrice apparirà in sogno a Dante e gli rammenterà come, soltanto amandola, il poeta potrà raggiungere Dio e la Salvezza eterna.
Nella Divina Commedia Beatrice subirà un processo di spiritualizzazione, fungerà ad allegoria della Fede e accompagnerà Dante nel suo pellegrinaggio in Paradiso.

Renzo Tramaglino & Lucia Mondella
Lui: non era facile, per il Manzoni, trarre dalla figura così poco romanzesca del "contadino" un personaggio letterario destinato a passare alla storia. Renzo o, per meglio dire, Lorenzo Tramaglino, è un giovane cresciuto nei limitati confini di un paese di provincia e conosce la vita nei suoi aspetti più semplici ma fondamentali, come la fatica del lavoro e l'affetto della famiglia. Rimasto solo al mondo in giovanissima età, dimostra tutto il vigore dei vent'anni, un animo onesto e un temperamento impetuoso, incline a scatti di ribellione improvvisi.
Lei: rispecchia l'aspetto più puro della società contadina seicentesca timorata di Dio. Dalla sincera e profondissima religiosità, Lucia affronterà i travagli impostigli dal destino con una costante e immutabile fede nella "divina Provvidenza" e più volte, grazie alla sua dolcezza e al suo candore saprà calmare i bollenti spiriti dell'amato Renzo.

La familiarità scolastica che ogni studente italiano ha con i personaggi di Renzo e Lucia e con la mastodontica Opera che li vede protagonisti, spesso appiattisce la potenza morale di entrambi i personaggi e dell'inteso Amore che li lega. Non è un sentimento scandaloso, prorompente e ardente, non coinvolge direttamente i sensi e per questo viene visto come un Amore minore, minuscolo a confronto dei tormenti e dei sacrifici patiti da altre coppie celebri. Eppure è proprio in questo profondo pudore e in tale inviolabile intimità che il Sentimento si eleva e si sublima. 
L'affetto che Renzo prova per Lucia è acceso, incrollabile, veemente, tenace e nella sua amata il ragazzo concentra tutto il bisogno di calore umano rimasto, fino a quel momento, insoddisfatto. Lucia, invece, spesso esaltata nel suo aspetto "piagnone", sobrio, temperante e virtuoso, al contrario delle più superficiali aspettative, vive un Amore penetrante e inviolabile, di così fondamentale importanza per lei da rinunciarvi, con un voto alla Madonna, nel momento di maggior pericolo, come atto di totale devozione.
D'altronde solo un sentimento veramente autentico e appassionato sarebbe stato in grado di sopravvivere alle tumultuose peripezie dei due promessi sposi, che tanto affannano il liceale del nuovo millennio.

Elizabeth Bennet & Fitzwilliam Darcy
Lui: l'archetipo del bello e maledetto, il sogno proibito di ogni lettrice dalla vena romantica. Ricchissimo gentiluomo del Derbyshire, intelligente, altezzoso, orgoglioso, onesto e introverso. Alla sua prima apparizione cattura l'antipatia di tutti gli astanti, compresa quella della prorompente Lizzy Bennet, ma ben presto si scoprirà che la sua alterigia altro non è che disagio nei confronti degli eventi mondani e della loro frivolezza. Di animo profondo e integerrimo, si dimostrerà un uomo generoso e soprattutto in grado di ammettere e porre rimedio ai propri errori, dimenticando l'orgoglio e mettendo in gioco i propri sentimenti.
Lei: l'eroina moderna per eccellenza, la personalità che ogni lettrice dalla vena romantica vorrebbe incarnare. Secondogenita della famiglia Bennet, nonostante la sua giovane età -non ha ancora compiuto ventun anni- è molto intelligente, acuta, dotata di una personalità esplosiva e di un'ironia tagliente, tanto da farla preferire dal padre alle sue frivole e più convenzionali sorelle. Un perfetto mix di sensibilità, razionalità e fermezza, Elizabeth dimostra sovente anche sentimenti di ribellione nei confronti della società classista di cui si ritrova a far parte e, conseguentemente, lascerà spesso fuorviare il proprio giudizio da un'irrefrenabile emotività.

Non era facile, neppure per quel bellimbusto di Darcy, riuscire a conquistare il cuore di una ragazza come Elizabeth, un personaggio dotato di una forza morale e di un'intelligenza tali da farsi stimare sia da uomini che da donne e capace di zittire anche i più petulanti prelati e le più altezzose nobildonne. Femminilità e indipendenza si fondono in una donna indimenticabile, seppur peccante in pregiudizio, caratteristica che la porterà a scontrarsi direttamente con l'amato Darcy. L'intimo conflitto compiuto da quest'ultimo non sarà, d'altronde, indifferente: a faccia a faccia con una forza della natura in gonnella e sconvolto da una passione irrefrenabile, sarà costretto a combattere una feroce battaglia interiore fra l'orgoglio di classe (inizialmente dovrà persino ingoiare, suo malgrado, l'amaro rifiuto di lei!) e l'Amore. 
Senza dubbio Lizzy e Darcy costituiscono la prima grande coppia moderna, lontani sia dall'amor cortese che dalla lascivia classica, arrivando a incarnare invece la passione più attuale e il fascino dell'unione fra due anime nobili e brillanti. Indimenticabili.

Catherine Earnshaw & Heathcliff
Lui: è l'archetipo dell'eroe maledetto torturato dalle passioni, le quali lo condurranno alla propria inarrestabile distruzione e a quella di coloro che gli stanno vicino. Ingiurioso, negletto e beffardo, è maggiormente conosciuto per il suo Amore per Catherine, piuttosto che per i suoi vendicativi anni terminali, in cui si tramuta in un personaggio amaro e in un uomo posseduto, ben lontano dalla figura di eroe romantico che la tradizione vuole tramandare. La sua complicata, fascinosa e bizzarra Natura lo rendono un personaggio atipico, soprattutto per l'epoca, dai connotati sia eroici sia furfanteschi. 
Lei: cresciuta nella tenuta di Wuthering Heights, fin da bambina colpisce per la propria personalità forte e determinata e affascina gli astanti per il suo bell'aspetto e per i suoi occhi, i tipici e indimenticabili occhi degli Earnshaw. Maliziosa, orgogliosa e capricciosa, subirà un cambiamento radicale dopo la permanenza a Thrushcross Grange, acquisendo maggior contegno e compostezza.

La passione provata da Heathcliff, il misterioso trovatello gitano dalla pelle bruna, per Catherine è a tal punto violenta e sinistra da portare alla completa distruzione della famiglia Earnshaw. L'incidente che costringe Catherine alla tenuta Grange e che muta radicalmente il suo carattere, renderà ancora più marcato il contrasto fra la sua nuova natura di posata signorina e di moglie devota e quella del suo amato, ormai decaduto nella rozzezza più totale. L'epilogo ricorda le più conturbanti tragedie greche: Catherine caduta in preda alla follia, morirà durante il parto della sua unica figlia e infesterà Wuthering Heights come un fantasma capriccioso, spezzando il cuore di Heathcliffe che, nel disperato tentativo di mettersi in contatto con lei, si uccide. 
Al termine del romanzo i due folli spiriti, che tanto dolore patirono in vita, si uniranno per l'eternità nelle brughiere di Wuthering Heights.

Rossella O'Hara & Rhett Butler
Lui: dopo essere stato diseredato dal padre, diventa un giocatore d'azzardo professionista, lasciandosi coinvolgere dalla febbre dell'oro californiana, in cui si guadagna una bella cicatrice da lama sullo stomaco. Il Rhett romanzesco è molto istruito, in grado di disquisire abilmente su qualsiasi argomento, dall'intero canone shakespeariano alla storia classica, fino ad arrivare alla filosofia tedesca. Riesce a comprendere la natura umana a fondo, al contrario dell'ottusa Rossella, a cui spesso e volentieri fornisce perspicaci prospettive sulle personalità che la circondano. Sexy e intraprendente, vanta una grandiosa conoscenza delle donne, sia fisicamente che psicologicamente, ed esercita sovente le proprie sottili e fascinose arti di seduzione. La comprensione della Natura umana, da parte di Rhett, si estende anche ai bambini e si dimostra essere un genitore molto migliore di quanto riuscirà mai ad esserlo Rossella.
Lei: è un'eroina che penetra la pelle del lettore come una spina, che conquista e che rimane indimenticabile. Laddove le eroine per antonomasia sono perfette, lei è debole; dove le altre donne agiscono con decisione, lei è volubile. Spreca una vita intera al seguito di uno strampalato amore per un uomo insignificante, maltratta i figli e allontana l'affetto di tutte le persone di maggior conto. Eppure ogni lettrice è ossessionata dalla sua lotta per la terra, dalla sua vita e dal suo ridicolo amore, così come ella lo è della propria sopravvivenza.

La Guerra Civile descritta da Margaret Mitchell è nulla in confronto alla battaglia che Rossella combatte per sè stessa. Nata nell'ozio e nel lusso, inadatta a qualsiasi tipo di fatica, è l'ultima persona che potremmo immaginare di vedere tirarsi su la gonna per partorire o trascinarsi per chilometri in una strada fangosa, alla ricerca della salvezza. Rhett Butler ha capito tutto quando afferma che Rossella non è mai così tanto attraente come quando è costretta in un angolo. Rossella insegue il risultato, si addossa il fardello della vita e prende decisioni senza compromessi. Indomabile, rimane senza risorse solo nel celeberrimo finale, quando quel mascalzone di Rhett, abbandonando Tara e la sua amata, esce di scena con una scrollata di spalle e quell'indimenticabile battuta tranchant: "Francamente, me ne infischio".