sabato 2 aprile 2011

•Recensione: SAM SAVAGE - Firmino: avventura di un parassita metropolitano



Copertina Italiana Firmino (Einaudi)
Indecisa sull'argomento da trattare nel primo post del blog e vogliosa di sperimentare, vi presento il libro che ho terminato di leggere giusto ieri sera, ovvero "Firmino: Avventura di un parassita metropolitano" di Sam Savage, romanzo d'esordio e autentico best-seller.
La storia della sua nascita è curiosa: edito per la prima volta nel 2006 dalla casa editrice no-profit Coffee House Press, che ne stampò inizialmente solo un migliaio di copie, finì per trasformarsi in un autentico caso letterario. Accolto da critiche e entusiasmi da parte di stampa e pubblico (pubblicato in Italia da Einaudi - Stile Libero, con più di 400.000 copie vendute in brevissimo tempo), in patria conquista premi letterari a cascata:
Miglior Libro dell'Anno dall'American Library Association
Miglior Esordio da Barnes and Noble
Miglior Debutto dal Library Journal
Insomma, una clamorosa escalation di successi e conquiste per un libro d'esordio.
Quello che, a questo punto, sorge spontaneo chiedersi è come un libello di neppure 200 pagine, scritto da un ex-professore di filosofia quasi settantenne in una notte di veglia e inizialmente pubblicato senza nessuna particolare aspettativa, possa conquistare il mondo dell'editoria internazionale in così breve tempo.
Cerchiamo di scoprirlo.

Who is SAM SAVAGE?
Sam Savage (Camden,1940)
Sam Savage: ex-professore di filosofia, insegna per qualche tempo infelicemente a Yale, senza intravedere nessun radioso futuro per la propria scelta professionale. Infatti, come riportato nella biografia dell'ormai defunto sito dell'autore, gli anni '70 erano quel malaugurato periodo dove "non esistevano veri problemi filosofici, ma solo veri puzzle linguistici". Abbandonato l'insoddisfacente mondo dell'insegnamento, Savage  ritorna nel Sud Carolina, sua terra madre, e si dedica alla più umile delle vite nella piccola McClellanville (400 abitanti), dove abiterà per ben 23 anni, lavorando come falegname prima, come pescatore poi e infine come grafico di pressa. Il sostentamento economico gli deriva da un'eredità in costante e precipitosa diminuzione, mentre lo spirito trova ristoro e speranza nell'attività di scribacchino, esercitata nei momenti di bonaccia fra una fatica e l'altra. Fra tentativi e insuccessi scrive diversi libercoli, che però incontreranno vita breve. Nel 2003 ritorna al Nord, questa volta a Madison nel Wisconsin dove tutt'ora vive e dove la favola amara di Firmino viene data per la prima volta alle stampe.

Firmino: avventura dolce-amara di un parassita metropolitano
Firmino by Fernando Krahn


«Tutta la vita ho battagliato con la scrittura, 
e non c'è niente che abbia affrontato con più coraggio
 - sì, questa è l'espressione esatta, coraggio


Firmino è l' "uomo pelo", il topo civilizzato, il ributtante mostriciattolo umanizzato, sintesi dell'artista avido e del lettore incompreso che sognano un mondo diverso, ma non hanno le possibilità (o il coraggio) di attuarlo. Teme di essere guardato, ma non di guardare. E' perfettamente consapevole di ciò che è: istruito, colto, geniale e un tantino pervertito; tredicesimo figlio di una pantegana alcolizzata, cresce nella solitaria consapevolezza della propria diversità, alla perenne ricerca del "tredicesimo capezzolo". E' proprio questa lucidità ad arrecargli dolore, ponendolo davanti alla sua abissale disparità: una testa troppo grande per essere sostenuta da un corpo troppo fragile, un'intelligenza smisurata contrapposta alla beata ignoranza degli altri ratti, un animo fondamentalmente umano, ma incapace di esprimersi come tale. Non sente la natura "rattesca" scorrere nelle sue vene, non percepisce il pulsare dell'istinto di auto-conservazione: preferisce ammirare le Bellezze nude del grande schermo, glabre e magnifiche, piuttosto che avventarsi sulla prima topastra di passaggio e accoppiarsi. Questo malessere, manifestato in ogni frammento della storia di Firmino, dal tentativo di provare a parlare e cantare -concretizzatosi solo in qualche stridente e sgraziato squittio- fino a quello di comunicare con gli umani, accompagna il lettore di pagina in pagina.
Lo spleen e le mal de vivre regnano sovrani in tutta la lettura, che unisce chiaroscuri burtoniani, a una lenta e sfumata narrazione da cinema muto, con vaghe reminiscenze dickensiane e un retrogusto sarcastico alla Daniel Pennac, il tutto, ovviamente, impastato con una valanga di classici, continuamente citati, di cui Firmino (e molto probabilmente anche Savage) si sono nutriti nel corso della loro vita.
Sam Savage scrive delicatamente, con una prosa moderna e soffusa, ma che non riesce a concretizzare appieno le aspettative del lettore, preceduto da una valanga di commenti e recensioni entusiastiche: la lettura procede lenta e imperfetta e non aggiunge niente di veramente originale al diffusissimo e ricorrente topos del "topo di biblioteca".
Scollay Square nel 1880
L'aspetto più interessante è senza dubbio l'ambientazione: una fumosa e uggiosa Boston degli anni '60, dipinta dal microscopico punto di vista di Firmino, che intravede la fine del mondo nella distruzione -realmente avvenuta- del quartiere di Scollay Square. Le vicende si dipanano in un micro-cosmo di rovine e decadenza, ma che agli occhi di un ratto appaiono il miglior mondo in cui nascere e vivere; dalla Casa del Prurito (al lettore il piacere di scoprire di cosa si tratta!) al seminterrato della libreria di Shine, dall'appartamento di un artista bohémien sulla via del tramonto fino all'imponenza gotica dell'Old Howard Theater, Firmino conduce il lettore nella malinconia di un universo in declino, dove la bellezza del passato cede drammaticamente il passo all'imponente modernità, incarnata in un nuovo e impietoso piano edilizio.

La Polemica: TOPI VS TARME

Marta la Tarma by Luca Dalisi
Credo sia opportuno fare un accenno anche alle polemiche seguite all'arrivo in Italia di Firmino. Infatti tale Claudio Ciccarone, 48 anni, giornalista e operatore del TG3 Campania, nel 2008 avanzò contro Savage l'accusa di plagio con conseguenze legali, riferendosi alla propria opera pubblicata otto anni prima dal titolo "La Bibliotecaria: la vera storia di Marta la Tarma", per l'occasione ri-pubblicato -sempre nel 2008- dalla Fanucci.
Firmino è un topo che inizia a nutrirsi di libri fino al punto da iniziare ad amare spasmodicamente la lettura e, di conseguenza, sviluppando una notevole affinità verso la specie umana. La storia imbastita da Ciccarone è pressoché identica, con una tarma invece che un topo come protagonista. Le somiglianze diverrebbero ancora più marcate confrontando perfino i più apparentemente insignificanti e marginali particolari della trama: in entrambi i libri, infatti, si parlerebbe di attrazione dei protagonisti per le proprie sorelle, di fantascienza, della seconda guerra mondiale e della distruzione di un mondo.
Verità o bufala imbastita ad arte per attirare l'attenzione su un testo che, all'epoca, vendette non più di mille copie? Non mi permetto di giudicare, non avendo letto entrambi i libri e non conoscendo neppure l'esito della vicenda legale. A un occhio attento emergono numerose somiglianze: volute o frutto del caso, non sta a me deciderlo. Per maggiori delucidazioni vi rimando a questo link!

Misaki 2.0

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